Trasporti e logistica: evoluzioni in corso - Manageritalia

2023-03-08 14:52:02 By : Mr. Allen Li

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«In Italia, nel 2022, il mercato della logistica è cresciuto del 2,8% rispetto al 2021 (dati Contract Logistics), anno in cui il settore aveva già registrato una forte ripresa dei volumi. Purtroppo, però, il conflitto russo-ucraino ha acuito alcune criticità già presenti a livello internazionale e che oggi creano grande preoccupazione e incertezza, tra cui il vertiginoso aumento dei prezzi dei beni energetici, anche legato alla difficoltà a reperire energia e combustibili, l’aumento dei costi operativi, nonché i rallentamenti nella catena logistica a livello internazionale. A queste criticità contingenti si aggiungono problematiche strutturali quali, in particolare, il peso di una burocrazia opprimente che ci penalizza rispetto ai concorrenti stranieri, il nanismo imprenditoriale, per non parlare dell’ormai cronica carenza di autisti e di macchinisti ferroviari».

«Da sempre la logistica e i trasporti in genere rappresentano elementi strategici e portanti del sistema economico italiano, garantendo l’alimentazione delle attività produttive e dei cittadini: la pandemia ha fatto emergere agli occhi dell’opinione pubblica questo ruolo essenziale, spesso dato per scontato e non valorizzato. Le imprese esportatrici italiane, e con esse quelle che movimentano tali merci, hanno reagito prontamente durante e dopo la pandemia, facendo registrare per l’Italia, nei primi mesi dell’anno, tassi di crescita dell’export più sostenuti rispetto a quelli prodotti da altri settori economici».

«Al settore della logistica servono soprattutto visione di sistema e semplificazione amministrativa, da intendersi come riduzione degli oneri burocratici e razionalizzazione delle procedure operative. Purtroppo, queste necessità troppo spesso incontrano resistenze da parte dell’apparato pubblico. Il mancato intervento in direzione di tali richieste non solo penalizza gli operatori nazionali nel confronto con i competitor esteri, ma rischia anche di ridurre gli standard di produttività dell’intero sistema Paese. L’appesantimento operativo della catena logistica produce inefficienza; l’efficientamento delle procedure operative è vitale per garantire una maggiore fluidità dei traffici e una migliore competitività dell’intero sistema italiano». 

«Nel 2019, in collaborazione con il Cnel, abbiamo monitorato i processi da semplificare nell’ambito delle operazioni dell’intera catena logistica: da questa sinergia sono scaturite proposte di legge ben precise, presentate dallo stesso Cnel nella scorsa legislatura (ne auspichiamo la presentazione anche nella nuova), che avevano l’obiettivo di snellire e ottimizzare oneri burocratici e amministrativi direttamente impattanti sul settore e, quindi, sull’economia nazionale. Tali proposte miravano in particolare: all’armonizzazione degli orari di lavoro delle pubbliche amministrazioni, coinvolte nella fase di sdoganamento delle merci; alla semplificazione degli avvisi che le navi in arrivo nei porti devono inviare alle varie amministrazioni; al riordino dell’attività regolatoria di varie pubbliche amministrazioni, tra cui quella dell’Art, che dovrebbe riguardare solo i servizi di pubblica utilità. Nonostante la maggior parte di queste proposte fossero oltretutto a costo zero, purtroppo ad oggi poco è stato fatto».

«Alle forze che compongono il nuovo governo abbiamo presentato già in campagna elettorale una serie di richieste su alcuni temi fondamentali: dall’autotrasporto al trasporto marittimo, dal cargo aereo a quello ferroviario, dai servizi postali allo sportello unico doganale, dal Pnrr all’alleggerimento della pressione fiscale, dalle politiche del lavoro alle semplificazioni. Inoltre, per quanto riguarda in particolare la distribuzione dell’ultimo miglio – che fa parte della logistica urbana caratterizzata da enormi volumi di merci – abbiamo evidenziato come anche su questa parte finale della catena logistica incidano fortemente le carenze infrastrutturali. Il Pnrr può aiutare su questo fronte, purché sia attuato in tempi molto brevi che permettano di poter gestire adeguatamente la crescita di volumi di merci che, di sicuro,  continuerà anche nei prossimi anni».

«Si tratta di un altro tema sul quale abbiamo spesso posto  l’attenzione. La logistica è un settore labour intensive per  definizione, che ad ogni livello incontra difficoltà a trovare  figure adeguate alle proprie necessità. Oggi è molto complicato far arrivare a un giovane informazioni corrette su  che tipo di lavoro sia, ad esempio, quello dello spedizioniere internazionale. Un grande aiuto in tal senso potrebbe  arrivare dalle scuole professionali, dagli istituti tecnici e  dagli istituti tecnici superiori che, all’ultimo anno, dovrebbero prevedere percorsi specifici per giungere al conseguimento della patente C e della CQC per incentivare i giovani all’approccio del mestiere di autotrasportatore». 

«Il sistema logistico del nostro Paese soffre da sempre di un  problema di dimensioni aziendali. Ciò non ha assecondato  a dovere il necessario processo di consolidamento, di investimenti innovativi in tecnologia,  in evoluzione green, sostenibilità  e formazione. Purtroppo, la carenza di un’adeguata politica dei trasporti che sappia traguardare interventi di ampio respiro non ha  aiutato le imprese a superare queste criticità. Inoltre, la logistica italiana sta perdendo il controllo del  prodotto italiano: secondo uno  studio di Srm (Studi e ricerche per  il Mezzogiorno), il 73% delle  esportazioni del nostro Paese, contro il 30% di quelle tedesche, francesi e spagnole, viene venduto  franco fabbrica (o ex works), con la  conseguenza che l’organizzazione  e la responsabilità del prelievo della merce presso il produttore e del suo trasporto a destinazione viene affidato interamente all’acquirente straniero. Il ritiro avviene allo stabilimento del produttore italiano, mentre il compratore estero decide chi utilizzare per il trasporto, dove far  transitare la merce, che linea marittima usare, con chi assicurare le merci e quali banche usare per finanziare il pagamento delle merci e le eventuali garanzie».

«Come abbiamo più volte evidenziato, con queste pratiche  di vendita, il sistema Italia di fatto consegna ad altri il controllo della catena logistica, rinunciando a una quota importante della catena del valore.  Poiché la qualità e il controllo della  supply chain è uno dei fattori che  definisce il posizionamento competitivo dell’impresa, delegare l’organizzazione della catena logistica al  compratore estero, che si avvarrà di  infrastrutture e fornitori esteri, rappresenta una perdita di opportunità  di business per il nostro Paese e condiziona lo sviluppo della logistica in  Italia. I processi di logistica e trasporto sono stati considerati erroneamente un “costo”, e non un “valore”, per la competitività del prodotto  stesso. Per invertire la rotta servirebbero, da un lato, un cambio di  approccio mentale negli imprenditori, dall’altro, incentivi  statali mirati. Sarebbe inoltre importante avviare una comunicazione nelle imprese per promuovere il valore della  gestione della fase logistica come parte integrata nel processo produttivo. Se l’esportatore si rende conto dei benefici concreti che possono derivare da una diversa modalità  di resa, sarà lui stesso a cambiarla».

«Sarebbe opportuno che gli esportatori italiani scegliessero di vendere con rese Cif (franco destino), poiché in questo  modo l’esportatore può ottimizzare i flussi riducendo i  costi diretti e di gestione, può negoziare e dialogare con un unico spedizioniere di fiducia, nonché curare la copertura assicurativa della merce senza rischiare contenziosi e  ripercussioni commerciali. Siamo convinti che con le risorse del Pnrr si possa fare molto per colmare il gap infrastrutturale del nostro Paese – sia materiale sia digitale – ma per  compiere un reale passo in avanti occorre che la logistica  italiana recuperi il controllo della catena distributiva».

«I manager hanno un ruolo insostituibile all’interno dell’azienda, coniugando due funzioni fondamentali: quella di interfaccia con il datore  di lavoro e quella di punto di riferimento con la generalità dei dipendenti. Un’azienda senza una struttura manageriale adeguata, dotata  delle giuste competenze e capace di  capire in anticipo i cambiamenti, anziché subirli, non ha visione e quindi  sarà più lenta a intercettare nuovi  business o a reagire nei momenti di  difficoltà. Non è un caso che con il  Covid il numero dei dirigenti sia cresciuto, specialmente nel terziario, di  cui le imprese di logistica rappresentano un pezzo importante. La tendenza continua anche  adesso, nonostante alla pandemia si sia aggiunta la guerra  in Ucraina e gli effetti da essa prodotti, tra cui il caro energia  e la crescita dell’inflazione».

«C’è senz’altro la consapevolezza all’interno delle aziende  che non può esserci ripresa senza una classe dirigenziale  efficiente, responsabile, con una visione d’insieme che sia  in grado di saper programmare il futuro percorrendo, se  necessario, nuove strade e di guidare e motivare i propri  collaboratori.  Per assecondare la crescente domanda di dirigenti sono però necessari, come ha sottolineato recentemente l’Economy, strumenti nuovi che consentano di facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro di competenze manageriali. Sotto questo punto di vista, la proclamazione da parte  della presidente della Commissione europea Von der Leyen  del 2023 come l’Anno europeo delle competenze assume  certamente un alto valore simbolico, ma rischia di rimanere  tale se non accompagnato da politiche attive del lavoro che,  specialmente in Italia, scontano una cronica carenza».

«Insieme alla digitalizzazione, la transizione ecologica è  uno degli assi strategici del Pnrr, per il quale sono stati  stanziati oltre 68 miliardi di euro: un’occasione unica che  però necessita di un’attuazione rapida e concreta. Il settore dei trasporti rappresenta da sempre una costante nel  confronto politico e scientifico sulla sostenibilità. L’ampio dibattito sviluppatosi a livello nazionale e comunitario sul nostro settore ruota prevalentemente intorno agli  effetti negativi che la movimentazione quotidiana di  merci e persone produce sull’ambiente. I trasporti rivestono infatti un ruolo strategico essenziale per lo sviluppo economico ma, al tempo stesso, rappresentano uno  dei settori che esercitano maggiori pressioni sulle risorse  ambientali e naturali: pertanto, l’obiettivo ambizioso  della mobilità sostenibile è quello di conciliare il diritto  alla mobilità con l’esigenza di contenere le esternalità  negative associate al traffico. In altre parole, soddisfare  le necessità attuali senza compromettere le esigenze  delle generazioni future».

«Una logistica sostenibile ed efficiente è l’obiettivo che  nel 2020 ci ha portato a sottoscrivere, con altre organizzazioni del settore, la Carta di Padova, un manifesto che  vuole essere il punto di partenza per tracciare un percorso condiviso orientato a dare indicazioni strategiche su  come affrontare i passi che il sistema logistico è chiamato a fare, nell’ottica di un futuro sempre più sostenibile.  Se fino ad oggi a livello nazionale abbiamo assistito soprattutto ad azioni di finanziamento e incentivazione (per esempio, per sensibilizzare lo shift modale o favorire la trasformazione tecnologica dei mezzi di trasporto),  a livello comunitario nell’ultimo anno si è giunti alla  presentazione di proposte normative che mirano a trasformare radicalmente la nostra economia e società attraverso misure quali l’eliminazione graduale del motore a combustione interna o l’introduzione di infrastrutture per i combustibili alternativi».

«Se teniamo conto della prospettiva di un lungo percorso che ci attende, nonché dell’attuale contesto di  crisi energetica e di incremento del costo delle materie  prime, è lampante come nel breve termine i costi di  questa transizione eserciteranno evidentemente pressione sia sulle imprese che sulle persone, ma è importante comprendere che nel medio e lungo termine non  potremo che riscontrare benefici dalle nuove politiche  climatiche. L’opportunità che non possiamo lasciarci  sfuggire è quindi quella di sviluppare un sistema di  trasporto che soddisfi le esigenze dell’intera comunità: serve con urgenza un piano strategico per affrontare la decarbonizzazione del trasporto, richiesta dagli  accordi internazionali, e le risorse da mettere in campo devono essere sì volte a ottenere risultati dal punto  di vista della sostenibilità, ma anche, e soprattutto,  rappresentare un volano per la competitività delle  nostre imprese».

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